lunedì 10 gennaio 2022

L'ENERGIA NON E' UN'OPINIONE


 


Fermo restando che ognuno di noi ha il diritto d'opinione, serve precisare che in alcuni casi l'opinione porta in se l'errore. Con l'energia siamo di fronte al casus belli dove da una parte c'è l'opinione di molti che il nucleare sia pericoloso e estremamente dannoso per l'uomo e la natura, dall'altra coloro che, sulla base di certe conoscenze, pensano che l'energia nucleare possa essere un'alternativa valida per un periodo di transizione energetica fino all'approdo a una qualche forma di energia rinnovabile sufficiente per sostenere il fabbisogno di una nazione industrializzata come l'Italia. Quale punto d'incontro possibile? Forse il ragionamento ma soprattutto la capacità da entrambe le parti di confrontarsi sulla base di un item curriculare, in cui delle menti formate cerchino punti di convergenza, cercando poi di informare i cittadini in modo corretto (non certo la politica).
Partiamo da degli assunti:
1) Che l'Italia resti un paese industrializzato.
2) Che gli italiani possano continuare a utilizzare la tecnologia nelle proprie case come fin'ora fatto.
3) Che si vada verso un maggiore utilizzo di mezzi elettrici da ricaricare, di tecnologie per la conversione di rifiuti e di tecnologie per lo zootecnia e agricoltura.
4) Che nel medensimo tempo s'intensifichi la ricerca per sistemi di accumulo d'energia e di tecnologie per la produzione d'energia pulita.
Su queste basi si potrebbe dire che l'atomo e la radioattività esiste in natura e questo dovrebbe essere un argomento di relativa ragionevolezza per dire che cosa? Che l'atomo può essere gestito a fini di benessere per i cittadini e che, serve capire meglio come possiamo produrre energia atomica in sicurezza con le centrali nucleari cosi dette " passive". Diremo che l'atomo controllato lo utilizziamo già in medicina, e spesso nessuno protesta se si trova nelle condizioni di doversi sottoporre a trattamento nucleare (perchè questo è in estrema sintesi quello che avviene quando siamo sottoposti a radio terapia o altre tecniche di diagnostica o cura medica oncologica per lo più).
Senza dilatarsi troppo nel tecnico, iniziamo a dire che una centrale nucleare passiva, in caso di un problema atomico dunque di reazione che sfugge al controllo nel reattore, si autoestingue dunque si spegne da sola senza un intervento dell'uomo. Secondo, possiamo dire che le scorie radiattive derivanti dalle centrali di ultima generazione non hanno una carica radiattiva cosi potente come quelle di un tempo, dunque riducono ulteriormente la loro capacità di danno all'ambiente e di contaminazione. Peraltro, esistono tecnologie di riutilizzo delle scorie che ne riducono il bisogno di conservazione negli anni in luoghi tecnologicamente sicuri in caso di incidente. Possibilità di esplosione prossima allo zero. Impatto ambientale diretto prossimo allo zero.
Certamente uno scoglio al ragionamento ponderale è il problema morale e etico e spesso un certo conflitto d'interessi che porta talune persone a impersonare il ruolo di paladino contro presunti pericoli per l'incolumità dei cittadini a prescindere da ogni tecnologia che ne garantisca la sicurezza. Su tutto un retaggio e una diffidenza per ogni tecnologia che non si conosca a fondo o che qualcuno la spacci per il male assoluto in cambio di un ritorno olistico alla dimensione dell'essere umano in rapporto all'unica forma d'armonia: l'equilibrio con la natura. tutto molto bello quanto irrealistico e soprattutto in antitesi con la nostra realtà odierna. Dunque, serve pensare a un periodo di transizione in cui si deve necessariamente migliorare il clima ma anche sostenere le economie oggi ancora più fragili per via della pandemia. Resta valido il primo elemento di una scala gerarchica ambientalistica il risparmio energetico e il riciclaggio delle materie, cosa che facciamo molto poco e male, nonostante spesso ci si dichiari ambientalisti. Giusto per finire, i fumi che si vedono uscire dalle torri Hammon (si chiamano cosi dal loro inventore), sono vapore acqueo assolutamente non nocivo e derivano dallo scambio termico che avviene per precipitazione dell'acqua calda su sistemi a reticolo composti da vegetali capaci di effettuare uno scambio termico e rigenerare l'acqua proveniente dagli impianti di raffreddamento.

martedì 4 gennaio 2022

ECONOMIA CIRCOLARE: L'ITALIA VA BENE MA..

 


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Da diverso tempo, la Svezia importa dall'estero la spazzatura per mantenere in attività i suoi 34 termovalorizzatori e produrre energia elettrica e la maggior parte del riscaldamento per le abitazioni. Con le moderne tecnologie, quattro tonnellate di spazzatura sono in grado di sprigionare l'energia di una tonnellata di petrolio, 1,5 tonnellate di carbone o cinque di legno. Gli inceneritori di seconda generazione, anche noti come termovalorizzatori, oltre a bruciare i rifiuti recuperano il calore sviluppato durante la combustione e lo utilizzano per produrre vapore. Una volta convogliato, il vapore viene sfruttato per produrre energia elettrica o calore tramite il teleriscaldamento.
I 34 impianti di cui si è dotata la Svezia sono in grado di fornire elettricità a 680mila abitazioni e di riscaldarne 1,3 milioni durante l'inverno. Il Paese copre l'83% del suo fabbisogno energetico con il nucleare e l'idroelettrico e un altro 7% con l'eolico, facendo dei termovalorizzatori una voce marginale mentre sono invece fondamentali per il riscaldamento: a partire dagli anni Cinquanta, il governo di Stoccolma ha investito nella costruzione di una rete che convogliasse l'acqua calda prodotta con lo smaltimento dei rifiuti direttamente nelle abitazioni e nelle industrie. Il modo in cui la Svezia ricicla, le ha permesso di essere una delle prime nazioni al mondo a introdurre nel 1991 una tassa sul carbone per disincentivarne l'utilizzo da parte delle imprese.
E l'Italia?
A parte alcune realtà ben organizzate come Parma, anche grazie alle dimensioni della città, anche Milano don Figino, cerca di rendere virtuoso il concetto di Economia Circolare producendo energia sia elettrica che termica.
La carenza strutturale italiana è senza dubbio un problema nel breve periodo, ma non in un'ottica di sviluppo dell'economia circolare. Il nostro Paese riesce a riciclare il 79% del totale dei suoi rifiuti domestici e industriali (56,4 milioni di tonnellate l'anno), primato che in Europa viene eguagliato solo dalla Germania (72,4) Il modo in cui la Svezia ricicla è così rivoluzionario che riesce a riutilizzare il 67% della raccolta differenziata delle abitazioni. L'Italia avrebbe filiere all'avanguardia nella rigenerazione, ad esempio dei lubrificanti usati, dove il 99% diventa la base per nuovi oli, nella gestione degli scarti dell'industria tessile e dei rottami in ferro riutilizzati nelle acciaierie o nell'utilizzo dei fanghi di degli impianti di depurazione come fertilizzante agricolo. In totale l'economia circolare coinvolge già 10mila aziende in tutto il Paese, per un giro di affari stimato di 23 miliardi di euro. L'unica debolezza del sistema, per il momento, è la scarsa capacità del mercato italiano di fare tesoro dei materiali rigenerati: fino a oggi sono stati assorbiti in gran parte dalle economie emergenti dell'Asia, in particolare dalla Cina, ma il recente stop di Pechino alle importazioni rischia di mettere in crisi il meccanismo.
Una priorità è rafforzare la ricerca e lo sviluppo per creare il mercato finale dei prodotti a base di materiali riciclati. È importantissimo che decolli il cosiddetto green procurement, cioè gli appalti ecologici; anche se sarebbero costrette per legge, le amministrazioni pubbliche e anche Milano, fanno fatica a mettere nei capitolati dei bandi di fornitura l’obbligo di materiale riciclato”. Mentre per anni l'Italia ha guardato alla Svezia come al modello ideale di gestione dei rifiuti, il Paese scandinavo ha capito le potenzialità di quello italiano. Per il suo ennesimo salto verso il futuro dei rifiuti, la Svezia ha deciso di puntare tutto sul paradigma ricicla di più e brucia (molto) di meno, ma soprattutto sul potenziale dell'economia circolare.