martedì 4 gennaio 2022

ECONOMIA CIRCOLARE: L'ITALIA VA BENE MA..

 


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Da diverso tempo, la Svezia importa dall'estero la spazzatura per mantenere in attività i suoi 34 termovalorizzatori e produrre energia elettrica e la maggior parte del riscaldamento per le abitazioni. Con le moderne tecnologie, quattro tonnellate di spazzatura sono in grado di sprigionare l'energia di una tonnellata di petrolio, 1,5 tonnellate di carbone o cinque di legno. Gli inceneritori di seconda generazione, anche noti come termovalorizzatori, oltre a bruciare i rifiuti recuperano il calore sviluppato durante la combustione e lo utilizzano per produrre vapore. Una volta convogliato, il vapore viene sfruttato per produrre energia elettrica o calore tramite il teleriscaldamento.
I 34 impianti di cui si è dotata la Svezia sono in grado di fornire elettricità a 680mila abitazioni e di riscaldarne 1,3 milioni durante l'inverno. Il Paese copre l'83% del suo fabbisogno energetico con il nucleare e l'idroelettrico e un altro 7% con l'eolico, facendo dei termovalorizzatori una voce marginale mentre sono invece fondamentali per il riscaldamento: a partire dagli anni Cinquanta, il governo di Stoccolma ha investito nella costruzione di una rete che convogliasse l'acqua calda prodotta con lo smaltimento dei rifiuti direttamente nelle abitazioni e nelle industrie. Il modo in cui la Svezia ricicla, le ha permesso di essere una delle prime nazioni al mondo a introdurre nel 1991 una tassa sul carbone per disincentivarne l'utilizzo da parte delle imprese.
E l'Italia?
A parte alcune realtà ben organizzate come Parma, anche grazie alle dimensioni della città, anche Milano don Figino, cerca di rendere virtuoso il concetto di Economia Circolare producendo energia sia elettrica che termica.
La carenza strutturale italiana è senza dubbio un problema nel breve periodo, ma non in un'ottica di sviluppo dell'economia circolare. Il nostro Paese riesce a riciclare il 79% del totale dei suoi rifiuti domestici e industriali (56,4 milioni di tonnellate l'anno), primato che in Europa viene eguagliato solo dalla Germania (72,4) Il modo in cui la Svezia ricicla è così rivoluzionario che riesce a riutilizzare il 67% della raccolta differenziata delle abitazioni. L'Italia avrebbe filiere all'avanguardia nella rigenerazione, ad esempio dei lubrificanti usati, dove il 99% diventa la base per nuovi oli, nella gestione degli scarti dell'industria tessile e dei rottami in ferro riutilizzati nelle acciaierie o nell'utilizzo dei fanghi di degli impianti di depurazione come fertilizzante agricolo. In totale l'economia circolare coinvolge già 10mila aziende in tutto il Paese, per un giro di affari stimato di 23 miliardi di euro. L'unica debolezza del sistema, per il momento, è la scarsa capacità del mercato italiano di fare tesoro dei materiali rigenerati: fino a oggi sono stati assorbiti in gran parte dalle economie emergenti dell'Asia, in particolare dalla Cina, ma il recente stop di Pechino alle importazioni rischia di mettere in crisi il meccanismo.
Una priorità è rafforzare la ricerca e lo sviluppo per creare il mercato finale dei prodotti a base di materiali riciclati. È importantissimo che decolli il cosiddetto green procurement, cioè gli appalti ecologici; anche se sarebbero costrette per legge, le amministrazioni pubbliche e anche Milano, fanno fatica a mettere nei capitolati dei bandi di fornitura l’obbligo di materiale riciclato”. Mentre per anni l'Italia ha guardato alla Svezia come al modello ideale di gestione dei rifiuti, il Paese scandinavo ha capito le potenzialità di quello italiano. Per il suo ennesimo salto verso il futuro dei rifiuti, la Svezia ha deciso di puntare tutto sul paradigma ricicla di più e brucia (molto) di meno, ma soprattutto sul potenziale dell'economia circolare.


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